Dioniso, un dio amico da tenere in casa

All’asta al Christie’s di Londra un pezzo di grandezza tiburtina

di Angelo Nardi

“Mi piaceva che queste stesse parole, Umanità, Felicità, Libertà non fossero ancora avvilite da tante applicazioni ridicole” (Memorie di Adriano Yourcenar, pag. 108, ed. Einaudi – 1981). Ma la spiegazione di un’asserzione condivisibile ai giorni nostri la si trova nell’assunto che sempre la Yourcenar fa dire ad Adriano: “Mi rallegravo che le nostre religioni vaghe e venerabili, purificate da intransigenze e riti feroci, ci associassero ai sogni più antichi dell’uomo e della terra, ma senza inibirci una spiegazione ‘laica’ dei fatti, un’intuizione razionale della condotta umana”.

L’importanza di Dioniso nella spiritualità assimilata da Adriano stanno tutte in queste frasi che la Yourcenar gli fa dire. La menzione è necessaria per capire come il mito di Dioniso sia decisivo per capire la cultura della classe dirigente in quell’inizio di secondo secolo dopo Cristo. Roma sta cambiando. Le sette esoteriche si fanno sempre più numerose. Impossibile decifrarne la quantità, la misura, la vera diffusione. IL culto di Mitra e il suo modo di viverlo in ambiti angusti, segreti, rende la dimensione della religiosità sempre più una misura di esaltazione di quello che molto tempo dopo si sarebbe chiamato “inconscio”. Ma non serve arrivare a Sigmund Freud per arrivare a una cognizione come questa. Di dimensioni non attinente al conscio trasudano le Confessioni di Agostino che muove i suoi passi due secoli dopo ma in una realtà dell’impero che ha portato semplicemente alle estreme conseguenze i tratti di crisi presenti già al tempo di Adriano.

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Tutto questo per dire che il culto di Dioniso è decisivo e importante nella Roma di Adriano dove da tempo la condivisione delle divinità classiche non è più sufficiente. C’è bisogno di una divinità diversa. C’è la necessità di veder raffigurata la “volontà di potenza” (ma anche questa dovrà aspettare Nietzsche per essere tematizzata).

Nella classe alta però consiste in un terreno di condivisione comune. Serve a dare un volto, una rappresentazione, non solo all’idea di grandezza insita nella dimensione imperiale, anche per confortare l’idea di grandezza presente negli uomini al comando, che colti da ebrezza per tanto potere, debbono trovare il conforto di un disegno divino che li associ alla proiezione delle loro responsabilità.

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Nella statua di Dioniso venduta al Christie’s di Londra il 16 dicembre affiora la percezione di una grandezza che con gli stilemi del neoclassicismo di derivazione attica cerca un compromesso.

Ed è la dimensione di una mediazione, quella della raffigurazione in arte di tanto nuovo misticismo, che è inevitabile in una Roma che deve mettere insieme tutto: grandezza militare, organizzazione dello Stato, mitigazione dei conflitti sociali, da una parte, ma dall’altra il pullulare di tanta ricerca della trascendenza e di troppe risposte pronte a dare conforto a questa necessità interiore.

Adriano è un vincitore. Ma è anche un esteta. In una dimensione di perfetta continuità si pone però le domande di noi tutti sul senso della vita e sull’origine della sua forza.

Ed è per questo che ha bisogno di un amico come Dioniso. Uno a chi fare tante domande e da cui non avrà risposte scialbe. Anche se questo significa non avere risposte.

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