Le possibili reazioni del bambino al distacco e come comportarsi

Claudia IannilliDott.ssa Claudia Iannilli, Psicologa dello sviluppo e dell’educazione, laureata presso  l’ Università  La Sapienza di Roma.  Psicodiagnosta, Orientatrice scolastico professionale, Specializzanda in Psicoterapia Strategico Integrata, Valutazione e Trattamento di Disturbi Specifici dell’Apprendimento, Consulenze psicologiche nei CIC scolastici, Formatrice nei  corsi di aggiornamento per insegnanti  e nei corsi di riqualificazione professionale per personale socio-sanitario. 

 

“Parlare di inserimento di un bambino alla scuola materna significa richiamare necessariamente alcuni temi centrali del suo sviluppo psicologico e delle sue tappe di crescita”, spiega la dottoressa Iannilli.
Il primo concetto di cui tener conto è quello della paura dell’ abbandono e della separazione:   oltre all’impatto quotidiano dell’ ”essere lasciato” dalla mamma o dal papà, che richiede un tempo variabile da bambino a bambino per essere accettato, avviene un distacco inevitabile dalla propria quotidianità, dalle abitudini che hanno scandito la giornata fino a questo momento, un distacco dai nonni o dalla baby sitter, presenze fino ad ora costanti e sicure.Un altro aspetto da considerare è la paura dell’ignoto, di qualcosa che ancora non si conosce e che quindi non si può controllare: il bambino, nonostante i racconti preparatori dei genitori, non sa bene che cosa lo aspetta, che cosa gli sarà chiesto, cosa dovrà affrontare e questo, come capita a noi adulti, suscita ansia e desiderio di fuggire dalle nuove responsabilità che si prospettano. Alla luce di questi   concetti fondamentali, le reazioni che il bambino può manifestare nel momento del distacco possono essere le più diverse, più o meno acute, ma  sono   generalmente transitorie. E’ fondamentale che il genitore reagisca con la massima serenità  tenendo conto del fatto che come avviene per ogni cambiamento, anche positivo, in ognuno di noi, e quindi anche nei bambini, si innesca un processo di adattamento che passa necessariamente per alcune fasi e che può richiedere un tempo diverso a seconda della struttura mentale della persona:

• Ci potrà essere il tentativo di fuga, sottoforma di un rifiuto di recarsi a scuola, con pianti disperati, oppure il tentativo di “fare tardi”, non volendosi svegliare o vestire, capricci legati al vestito da indossare o colazioni interminabili: non capita anche a noi quando non vogliamo tornare al lavoro dopo le ferie, arrivando sistematicamente in ritardo per i primi giorni, o facendo lunghe soste davanti all’armadio indecisi su cosa indossare?

Ci potrà essere il tentativo di “tenere con sé” parte del proprio mondo, come il voler portare l’orsacchiotto compagno di giochi, tutta una serie di giocattoli, la sorellina o il fratellino, oppure il voler riproporre a scuola le proprie abitudini quotidiane, tutti tentativi di trovare sicurezza e punti di riferimento in un ambiente nuovo e quindi estraneo: pensiamo alla foto di famiglia sulla scrivania dell’impiegato…

Ci potranno essere bambini che non accetteranno più di restare da soli in cameretta a giocare, rimanendo letteralmente attaccati alla madre e al padre durante i week-end, oppure bambini che non vorranno più addormentarsi da soli nel loro lettino, richiedendo la presenza dei genitori o una favola prima di andare a letto, tutti tentativi di “recuperare il tempo perduto” lontano dalla madre e dal padre, e di rinnovare il senso di appartenenza e di vicinanza: ma non facciamo così anche noi, ricercando la vicinanza con le persone care, dopo lunghe separazioni?

O ancora ci saranno i tentativi di “far cambiare idea” alla mamma e al papà, il richiedere ancora il pannolino, bagnare il letto di notte, farsi imboccare a tavola: ma non facciamo così anche noi quando di fronte ad una difficoltà diciamo “non sono capace”?

Infine vi saranno casi in cui il malessere sarà sul versante fisico, con improvvisi mal di pancia prima di uscire di casa o l’arrivo inspiegabile di febbre o raffreddore dopo pochi giorni di scuola, oppure incubi notturni con risvegli improvvisi nel cuore della notte. Sono tentativi di evitare la nuova situazione affiancati dal bisogno di essere accuditi, coccolati, curati che scaturiscono dalla paura dell’abbandono: non è lo stesso inconscio “linguaggio del corpo” che utilizziamo anche noi adulti quando il “mal di schiena” ci blocca proprio al rientro dalle vacanze, oppure quando brutti sogni anticipano un evento che ci preoccupa tanto?

Concludendo, alla luce di queste osservazioni, sarà necessario dedicare molto tempo al bambino in questa fase e in particolare:
1) Tollerare possibili passi indietro nella routine quotidiana, come il non voler più mangiare da solo, richiedere il pannolino di notte, non voler restare da solo durante il gioco o al momento di andare a nanna.
2) Dargli tutto il sostegno emotivo di cui ha bisogno, trovando al rientro un momento speciale tutto per lui, in cui possa raccontarci quello che ha fatto, cosa ha visto o sentito, cosa ha imparato, un momento in cui si possa fare “qualcosa assieme”, per farlo sentire di nuovo a casa.
3) Offrirgli la possibilità di manifestare la sua sofferenza, con le modalità più adatte alla sua fase di crescita, permettendogli di piangere oppure di arrabbiarsi o di isolarsi se ne avrà bisogno, e non dimenticandoci mai di trovare un momento, ogni mattina, per salutarlo e rassicurarlo, in quanto ha bisogno di vederci andare via per potersi prefigurare il nostro ritorno, e riuscirà a sopportare maggiormente la fatica ed il dolore del distacco quando potrà avere il controllo su ciò che succede

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