Guidonia – Apre albergo dei sogni a Santo Domingo, “incastrato” da una donna rischia di perdere tutto

aasanto domingoUn sogno che aveva preso forma con l’inaugurazione e l’apertura dell’Isabel Deni, 18 appartamenti nuovissimi frutto di un investimento costato centinaia di migliaia di euro, e che ora è diventato un incredibile Odissea giudiziaria. Invece di acque cristalline e spiagge bianche, per Salvatore Albanese i Caraibi potrebbero rappresentare addirittura la galera.
La storia inizia nel 2004 quando Albanese arriva a Boca Chica, località turistica per eccellenza della Repubblica Dominicana, molto frequentata da italiani, con l’intenzione di mettere a segno un investimento che gli potesse garantire anche la possibilità di godersi il clima temperato dell’isola e la vita piuttosto permissiva dal punto di vista economico e sociale. E’ così che ha preso piede l’idea di progettare un albergo, un residence anzi, sfruttando anche il fatto che la burocrazia dell’isola caraibica è molto più snella rispetto a quella italiana. Si inizia quindi con le prime spese tra diritti di concessione e permessi vari, per arrivare alle prime edificazioni viste dalla gente del posto sia come una grande opportunità per la creazione di nuovi posti di lavoro, sia come bacino da cui attingere per ogni tipo di prestazione offerta nel cantiere e pagata generosamente dall’investitore. Tutto nella norma, fino a questo punto. Quando poi il residence Isabel Deni apre e inizia la sua attività alberghiera, Albanese assume come aiutante una donna del posto di 43 anni, S.B.Z. le sue iniziali, che in poco tempo diventa di fatto la sua compagna di vita. La donna conquista la fiducia del 69enne tanto che questi le affida la gestione della struttura. Quello che sembrava però un comportamento mosso dal senso di responsabilità e di riconoscenza nei confronti dell’italiano, in realtà era semplicemente un piano per riuscire ad impadronirsi dell’intera struttura con la complicità delle istituzioni locali. La donna ha quindi denunciato per violenza psicologica il suo datore di lavoro e compagno ottenendo con estrema facilità un’istanza di allontanamento da quella che agli atti era proprietà di Albanese. Nel frattempo era riuscita ad ottenere tre testimonianze che con dichiarazioni giurate affermavano che l’intero complesso del residence era di proprietà della donna e non dell’italiano, e che aveva costruito il tutto sacrificando i soldi di una vita di lavoro. A questo incredibile scenario Albanese è stato messo davanti un bivio: o avrebbe firmato atti di cessione ufficiali della metà della proprietà o altrimenti sarebbe andato incontro ad un processo con il rischio di perdere tutto a vantaggio della donna, che intanto continuava a gestire l’Isabel Deni come fosse la legittima proprietaria.
In un paese straniero dove da parte delle istituzioni non c’è nessun aiuto, anzi, sembrano addirittura avvantaggiare i locali nei confronti degli investitori europei un po’ troppo ingenui forse, per fortuna il signor Albanese ha trovato un avvocato che ha preso a cuore la sua storia e lo ha messo in contatto con un professore di Diritto penale che già in passato ha combattuto per far emergere casi di vere e proprie truffe organizzate ai danni di stranieri che cercano l’Eldorado sulle spiagge caraibiche.
“Sono passato dal vivere un vero e proprio incubo ad avere un po’ di fiducia affinché la verità venga a galla e si faccia giustizia – ha commentato Albanese -. Mi sono sentito trattare come un criminale, messo in mezzo ad un sistema che non credevo fosse possibile architettare con tanta facilità e disinvoltura. Ho ricevuto persino minacce di morte perché ho fatto resistenza a questa trappola. Poi sono venuto a sapere che quello capitato a me è successo a tanti altri italiani che hanno provato ad investire lì. Non mi arrendo perché so di stare dalla parte della ragione e voglio credere nella giustizia fino alla fine. Fortunatamente ho trovato persone per bene che mi stanno aiutando, persone di legge che attuano con dignità la loro professione. Santo Domingo lo considero un po’ il mio secondo paese, ma mi sono sentito tradito e voglio che questa macchia venga tolta per continuare a vivere con serenità”.

Massimo Cimò

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