Mentana – “Protagonista, altro che favola”, il libro di Angela Barbieri

Che tipo di libro è?
“Un libro al contrario di tutti quelli che ho scritto finora, che erano abbastanza pesanti nei contenuti. E’ scritto con linguaggio scorrevole e ironico, divertente anche come punteggiatura. Parla di una ragazza di 26 anni, Talia, che lavora nel settore dell’editoria ed è in carriera, ma non è felice. In una sorta di fiaba vorrebbe conoscere il principe azzurro, ma in questo mondo l’amore non è più propriamente incantato, ma disilluso e beffardo. La realtà insegna che non possiamo tutti vivere una favola e che forse è meglio vivere di realtà che di illusioni. Poi va detto che tante principesse poi tali non sono e lo stesso vale per gli uomini”.

 

protagonistaCome nasce un libro del genere?
“Molte idee sono venute fuori da esperienze personali, perché mi sembra di vivere in un mondo di separati. Quando si rimane single a quarant’anni è difficile poi trovare un nuovo amore. Si è delusi dalla vita e si hanno grandi aspettative rispetto all’altro. Scatta una sorta di senso di rivalsa rispetto a ciò che uno aveva prima. Si idealizza una figura che poi non arriva, non rendendosi conto magari
che anche noi non siamo una principessa o un principe azzurro.
Spesso c’è la voglia di essere innamorati, anche se non abbiamo nessuno da amare. Infatti il libro inizia con la protagonista che si trova davanti Gerry Scotti che le chiede “per chi arde”? Quello che emerge è che si arde spesso per esigenza, perché uno ha questa idea, perché ci hanno fatto crescere a pane e favole da bambini e siamo cresciuti con il mito di Cenerentola.
Scoprire che la realtà non è una favola, aiuta a vivere meglio. Se riesci a capire e vivere ciò che ti circonda riesci anche a trovare un equilibrio”.

 

A proposito di aspettative, lei è al quinto libro. È ancora un hobby o ha altre ambizioni?
“Scrivere non può essere definito un hobby come quello della danza o della musica. Per me scrivere è un’esigenza e per farlo ho rinunciato a parecchie ore di sonno in questi anni. Se non scrivo ogni giorno vado in sofferenza. Per me un foglio bianco è un amico che ti ascolta sempre.
Io faccio un lavoro che mi piace, sono impiegata presso l’hospice del Nomentana Hospital e dunque mi trovo quotidianamente a contatto con persone che soffrono. Penso di avere un’intelligenza empatica per capire il dolore altrui e questo mi appaga molto. Poi è ovvio aspirare a qualcosa di più, anche se non è facile per molti motivi. Oggi scrivere un libro è relativamente facile, ma proprio il moltiplicarsi di opere forse rende più difficile affermarsi”.

 

Lei che consiglio si sente di dare a chi pensa di avere una buona idea e vuole tentare il passo?
“È vero che oggi tutti pensano di essere poeti e scrittori, ma sappiamo che non è così. Ci sono molte società editrici che si approfittano di questo e in realtà fanno il lavoro di una tipografia, ossia stampano i libri degli autori che pagano. Il consiglio che mi sento di dare è che non bisogna arrendersi mai e se si è convinti delle proprie capacità, si deve andare avanti fino a quando si trova qualcuno che vuole investire su di te. La cosa importante è non avere la presunzione di aver scritto il libro perfetto, anzi, meglio diffidare da chi dice il contrario. È bene ascoltare i consigli degli editori e imparare dai rifiuti. Se caratterialmente non si è pronti a questo è meglio lasciare perdere. Comunque deve essere chiaro che chi ha intenzione di fare lo scrittore ha davanti a sé una strada in salita.
Io personalmente ho scritto cinque libri con case editrici diverse, non perché mi sia mai trovata male. Quest’ultima la Mohicani edizioni è nata da poco e mi è particolarmente piaciuta, perché come l’ultimo dei mohicani non si arrende al fatto che l’editoria cartacea sia destinata a morire”.

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