Paolo Pizzo: Campione di scherma, campione nella vita

La tua vita sportiva è un susseguirsi di vittorie e di ottimi piazzamenti. Nel 2011 ti sei laureato  campione del mondo di spada proprio nella tua città natale, Catania:  che effetto ti ha fatto?  È la gara che porterò sempre nel cuore e che più mi ha segnato nella mia carriera. Per prima cosa perché ho vinto un campionato del mondo, poi per la coincidenza incredibile che è stata organizzata nella mia città e sono riuscito a vincerla partendo quasi da outsider. Un altro motivo che rende speciale questa vittoria è stata la possibilità di abbracciare i miei genitori subito dopo la gara che è una cosa rara. Inoltre anche la rivincita, come spesso dico, nei confronti di coloro che non hanno mai creduto in me: quel giorno invece ho dimostrato a tutti chi sono.  

Torniamo indietro nel tuo passato. Eri poco più di un bambino quando ti fu diagnosticato il più terribile dei mali, un tumore al cervello. Ci vuoi raccontare cosa è successo?
Avevo poco più di    tredici   anni quando ho cominciato ad avere forti mal di testa. Inizialmente nascondevo agli altri i miei malesseri  perché non volevo interrompere gli allenamenti e le gare di scherma e poi perché   nella quasi arroganza di adolescente volevo sperare che passasse   tutto da sé . E’ stato grazie a  mia  sorella, che ha assistito ad una delle mie crisi di dolore, che ho fatto i primi controlli in ospedale e due giorni dopo  la diagnosi  ero in sala operatoria.      

 I tuoi genitori sono stati i primi grandi alleati per trovare la forza di affrontare quel terribile avversario.
 Sono stati fondamentali e li ringrazierò sempre per essermi stati vicini. Ricordo ancora le prime parole di mio padre che mi disse subito di smettere di piangere e di cominciare a lottare perché quella è l’unica cosa che si può fare in questi casi. Fortunatamente da loro ho ereditato anche la forte determinazione e tenacia caratteriale  nel raggiungere un obiettivo. 

Oltre a loro chi ti è stato vicino?
Alcuni compagni di classe e altri della palestra di scherma dove mi allenavo. Nel complesso sono stati pochi ma buoni i coraggiosi che sono venuti in quel periodo a farmi visita in ospedale ma del resto  la parola tumore al cervello fa tremare le gambe a tutti… 

Come vive un adolescente una scoperta del genere?  
Personalmente  la presi  come un’ingiustizia assolutamente inspiegabile. Solo negli anni seguenti ho saputo rivalutare quello che mi è successo e ho capito l’importanza del segno che mi ha lasciato non solo sulla pelle ma soprattutto  nel profondo dell’anima.
Da quando ho capito cosa ho veramente passato cerco di godermi questa vita, di dare il massimo e di fare quasi sempre il meglio, perché davvero si vive una volta sola ed è facile avere dei problemi.

Vorresti cancellare quegli anni o sei riuscito a trasformare il dolore e la paura in qualcosa di positivo?
Non rinnego quell’esperienza. Essendo ancora qui e potendone parlare è un evento che si è trasformato in qualcosa di positivo che racconto sempre con piacere alla fine di tutta la storia.

  Il tuo sport quanto ti ha aiutato?
Tantissimo… c’è stata in particolare una coincidenza legata alla scherma che mi ha aiutato nella ripresa dopo l’operazione. Durante la degenza del post operatorio, infatti, mi sono ritrovato senza forze a casa: avevo dato tutto, ero sfinito e invece di tornare alla vita preadolescenziale e spensierata ho vissuto per circa tre mesi in una fase di discesa in cui non avevo voglia di fare niente. In quel periodo   a Catania fu  organizzat a una gara internazionale alla quale partecipai come spettatore grazie a mia madre che  mi accompagnò sugli spalti…Beh..  quell’esperienza mi ha risvegliato quelle emozioni che erano mie e che dovevo solo ritrovare, si è riaccesa così dentro di me la scintilla della voglia di vivere.

Oggi sei testimonial dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Per un malato di tumore e per chi questo male lo ha sconfitto cosa vuol dire “ricerca”?
Sono fiero di far parte dell’Airc, un’  associazione serissima che ho incontrato dopo aver vinto i mondiali e a cui va riconosciuto il grande merito di contribuire a sostenere la ricerca in Italia. Se ho la fortuna di raccontare la mia esperienza è solo grazie alla ricerca, che per un malato di tumore spesso è l’unica salvezza, l’unica cosa a cui ci si può aggrappare dopo una diagnosi infausta. Il mio consiglio è di non ricordarsi di quanto sia importante sostenerla solo quando il cancro colpisce e sconvolge la vita di un nostro caro.

  Salutiamo Paol o con un guizzo di nuova speranza nel cuore grazie alla sua testimonianza. Al nostro campione va l’ in bocca al lupo per il sogno delle Oli mpiadi del 2016  e le congratulazioni per una prossima vittoria sicura… a settembre infatti sposerà la sua bella fidanzata Lavinia Bonessio, campionessa di pentathlon, chiesta in sposa proprio su una pedana di scherma durante una gara che Lavinia stava disputando!

 

 

Foto di Augusto Bizzi (Fotografo ufficiale della Federazione Italiana Scherma)

di Valeria Buzi

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