Il gergo è un linguaggio artificiale, composto di vocaboli deformati o di significato alterato per non farsi capire da chi è estraneo al gruppo. Il gergo giovanile varia di zona in zona; ogni regione ha costruito il proprio vocabolario. A Milano conquistare si dice pasturare, a Roma rimorchiare; l’amico in Sicilia è compà, in Sardegna broe a Roma fratè.
Da una regione all’altra può cambiare il significato di una stessa parola: cannare a Varese significa bocciare, mentre a Torino significa andare a manetta. Anche nella stessa città i vocaboli possono variare da un gruppo all’altro.
Il linguaggio gergale è in continua evoluzione, è magmatico, inarrestabile, le parole vengono modificate o aggiunte di generazione in generazione. E sono sempre di più i termini giovanili che prima erano gergali e che ora sono stati accolti e ufficialmente adottati dalla lingua italiana. Anche internet e la televisione hanno modificato il modo di parlare.
Il linguaggio è un po come la moda, cambia sempre, si evolve e si rinnova; avere un paio di scarpe appena uscite sul mercato e parlare un linguaggio gergale perfetto, secondo i giovani sono segni di appartenenza ad un gruppo.
Parole gergali, faccine, abbreviazioni, parole straniere, onomatopee: molti sostengono che si sia persa la purezza della lingua italiana. Ma ogni generazione ha avuto il proprio linguaggio e la propria storia. Questo linguaggio e questa storia, comprensibili e condivisibili o no, appartengono al XXI secolo.
Matteo Sabelli
Leonardo Sammarco
Kevin Raiola
Tiziano Colapietro
IC Luigi Pirandello
Santa Lucia di Fonte Nuova (Roma)
Classe II E