TIVOLI – Neonato morto e sparito dalla camera mortuaria, indagati tre addetti

La Procura ipotizza distruzione di cadavere, falso e simulazione di reato per la scomparsa del piccolo Roberto, il bimbo nato senza vita il 4 giugno 2019. Secondo gli investigatori i tre dipendenti hanno falsificato i registri e simulato l’effrazione in camera mortuaria

Che fine ha fatto Roberto, il bimbo nato morto a giugno e poi sparito dalla Camera mortuaria di Tivoli? A sei mesi di distanza il giallo resta insoluto e la famiglia non ha ancora potuto dargli una degna sepoltura, ma le indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla Procura sembrano ad una svolta.
Tre persone sono state infatti iscritte nel registro delle notizie di reato dal pubblico ministero Lelia Di Domenico che ipotizza nei loro confronti il concorso nella soppressione/distruzione di cadavere, nel falso ideologico e nella simulazione di reato.
Nel mirino degli inquirenti ci sono i tre addetti della Camera mortuaria dell’ospedale “San Giovanni Evangelista”: si tratta di un 62enne e un 59enne di Gerano, e di un 60enne di Sambuci.
I tre si sarebbero alternati a turno tra il 4 giugno, il giorno in cui il piccolo Roberto nacque senza vita e fu trasferito dal reparto di Ostetricia e Ginecologia alla Morgue, e il 20 giugno, quando cioè la famiglia scoprì che la sua salma non c’era più nella cella frigorifera.
Gli investigatori ipotizzano che la sparizione del feto sia responsabilità esclusiva degli addetti, una responsabilità dolosa, almeno a leggere il capo di incolpazione provvisoria, al momento tutta da accertare e dimostrare.
Ma c’è di più, perché a parere della Procura i tre addetti avrebbero addirittura falsificato il registro delle salme, una specie di brogliaccio all’interno del quale dovrebbe essere annotato l’elenco dei deceduti in giacenza all’interno della cella frigorifera. Motivo? Top secret.
Il giallo si infittisce, stando al terzo capo di incolpazione provvisoria, quello di simulazione di reato formulato dal sostituto procuratore Lelia Di Domenico. All’esito dei rilievi effettuati dai carabinieri della Compagnia di Tivoli diretta dal capitano Marco Beraldo e dai militari del Ris di Roma, è emerso il convincimento che nessun estraneo sia mai entrato all’interno della Camera mortuaria per prelevare il piccolo Roberto e farlo sparire.
Una tesi, questa, sostenuta più volte dai tre dipendenti Asl davanti ai carabinieri che nei mesi scorsi li hanno ascoltati come testimoni e che ora li hanno invece convocati per interrogarli in qualità di indagati.
L’ipotesi di simulazione di reato viene contestato sulla base della nota che i tre il 20 giugno scorso sottoscrissero ed inviarono tramite Pec alla Direzione generale della Asl Roma 5 segnalando la rottura della porta che collega la Camera mortuaria al Reparto di Osservazione del pronto soccorso di Tivoli.
Una rottura presumibilmente causata da un’effrazione, una forzatura della serratura che sarebbe stata scoperta tre giorni prima – il 17 giugno, ndr – e segnalata soltanto verbalmente ai superiori.
L’indagine ruota attorno a questo dubbio. Perché la richiesta di riparazione fu trasmessa ufficialmente solo a 72 ore dalla scoperta della rottura? Perché la segnalazione fu inviata alla Direzione proprio nello stesso giorno in cui la famiglia di Roberto scoprì che il suo corpicino non era più in cella frigorifera?
Domande finora senza risposta anche perché la ricostruzione del puzzle della macabra sparizione è stata inficiata dall’assenza di telecamere.

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IL FATTO – Nato senza vita il 4 giugno 2019, il 20 non c’era più

La drammatica vicenda ha avuto inizio nel pomeriggio di martedì 4 giugno. Melissa Bernardini e il suo compagno, il 28enne romeno Tigru Selkan, erano a San Polo a casa della mamma di lei, la 47enne Catiuscia Fanelli, dove la coppia era tornata a vivere da pochi mesi insieme ai bambini della 22enne, un maschietto di due anni e una femminuccia di uno.
Melissa, al nono mese di gravidanza, iniziò ad avvertire le doglie e a quel punto i familiari allertarono il 118. Un’ambulanza da San Polo la trasportò al pronto soccorso del “San Giovanni Evangelista” dove la ragazza giunse verso le 16,40.
Ai sanitari bastò un attimo per capire che la giovane era in travaglio, ma il sogno della ragazza di diventare mamma per la terza volta si infranse davanti all’esito del monitoraggio: il cuore del neonato non batteva più.
Così Melissa fu trasferita nel reparto di Ostetricia e Ginecologia, partorì il bimbo privo di vita e come da protocollo fu disposta l’autopsia. Il corpicino di Roberto fu trasferito al policlinico di Tor Vergata e riportato di nuovo a Tivoli l’8 giugno. Nel frattempo nonna Catiuscia e mamma Melissa si rivolsero ai Servizi sociali del Comune di Tivoli per ottenere un contributo finalizzato ad organizzare i funerali.
Stando al racconto della 47enne, giovedì 20 giugno fu proprio l’assistente sociale in una telefonata alla camera mortuaria a scoprire che il corpicino non era più nella cella frigorifero.
Una notizia comunicata da un addetto all’obitorio mentre nell’ufficio comunale erano presenti mamma e nonna che si precipitarono in ospedale col cuore in gola nella speranza che il dipendente Asl si fosse sbagliato. Era tutto vero e non restava che denunciare il fatto ai carabinieri.

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LA RABBIA DELLA NONNA – “Mio nipote non è uscito da solo: vogliamo la verità”

“A distanza di sei mesi non sappiamo ancora nulla”. Catiuscia Fanelli, 47 anni, è la mamma di Melissa Bernardini e la nonna di Roberto, il bimbo nato morto all’ospedale di Tivoli e scomparso dalla cella frigo dell’obitorio.
Da giugno la donna, tiburtina doc, trapiantata a San Polo dei Cavalieri, si interroga su come un neonato di due chili e 600 grammi possa essere sparito dalla camera mortuaria.
“I carabinieri – racconta Catiuscia – a luglio ci dissero che le indagini erano in corso, poi il silenzio: non siamo stati più contattati per comunicarci di aver trovato un’ipotesi.
Il nostro stato d’animo? Lo stesso di sei mesi fa, anzi peggio perché comunque vada il bambino è sparito, nessuno ce lo ha ridato né tuttora sa darci spiegazioni.
Non sappiamo neanche dove andarcelo a piangere, perché il funerale non abbiamo potuto farlo.
E’ rimasto tutto come prima, purtroppo nessuno sa dove possa essere finito il bambino. La mia idea resta quella maturata a giugno: secondo me per errore hanno preso Roberto e gettato nei rifiuti speciali, anche perché altrimenti non si spiega dove sia andato a finire. Un neonato non esce da solo dalla cella frigorifera”.

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