Giovani medici tornano in piazza “più posti per le specializzazioni”

La testimonianza di Giorgia Di Iorio, tiburtina neolaureata in medicina. Domani appuntamento alle 10.30 a Montecitorio

Dopo la prima protesta di martedì 26 maggio a Montecitorio i giovani medici torneranno in piazza domani, venerdì 29 maggio alle 10.30, davanti al Parlamento e contemporaneamente in 21 piazze italiane.

La ragione della protesta che accomuna per la prima volta ben 14 sigle di rappresentanza di giovani camici bianchi e studenti di Medicina riguarda soprattutto l’accesso alla specializzazione – per cui ogni anno sono disponibili troppi pochi posti rispetto al numero di neolaureati – e il ruolo dello specializzando, considerato una borsa di studio e non un vero contratto di lavoro e dunque poco tutelato, valorizzato e retribuito.

Un problema annoso, che quest’anno a seguito dell’emergenza Covid, assume nuovo risalto.

“Dopo che in questa emergenza tanti ragazzi si sono messi a disposizione per il Sistema Sanitario Nazionale e hanno combattuto anche in prima linea contro il Covid, non ci si può fermare alle belle parole di ringraziamento. Chiediamo che venga aumentato il numero di borse di specializzazione in modo da includere il numero maggiore possibile di neolaureati e una riforma strutturale della formazione specialistica, affinchè per ogni laureato esista un posto in specializzazione. Nel Dl Rilancio ci deve essere più attenzione per la nostra categoria” spiega Giorgia Di Iorio, ventiseienne di Tivoli e neolaureata in medicina che affronterà il concorso di specializzazione a settembre.

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Al concorso di settembre per la specializzazione ad esempio ci saranno circa 12.000 posti disponibili su 25.000 candidati. In pratica la metà rimarranno fuori: saranno i cosiddetti “camici grigi”, che vedranno interrotto il proprio percorso formativo e vivranno in una condizione di precarietà, rimanendo disoccupati o lavorando con sostituzioni. In molti casi per chi non rientra la scelta è obbligata: “molti giovani neolaureati in medicina vanno all’estero, in Francia, Germania, Sizzera” – spiega Di Iorio – “paesi dove la figura dello specializzando è considerata quella di un lavoratore, con diritti e stipendi all’altezza del compito svolto”.

Tanti giovani medici, formati nelle nostre università che ogni anno lasciano il nostro paese per l’insufficienza del numero di borse. Eppure di loro ci sarebbe tanto bisogno qui,  nei nostri ospedali, come l’epidemia ci ha appena dimostrato. Un dato: nei prossimi cinque anni andranno in pensione 25.000 medici e i nuovi medici specializzati potrebbero non bastare a colmare i posti vacanti. (El.Gio)

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