Smart working: i dipendenti pubblici lo vogliono per sempre

Smart working: a lavorare da casa i dipendenti pubblici ci hanno preso gusto e almeno il 94% di loro non vuole più ritornare in ufficio. Certo, il lavoro agile elimina il traffico, non si perde tempo per raggiungere il posto di lavoro anche molto lontano dal proprio domicilio (ma questo riguarda poco le città del nord-est), si dice che la produttività aumenti. Lo sottolinea un’indagine condotta da FPA, società del Gruppo Digital 360: almeno il 61,1% degli intervistati (5.225 persone di cui 4.200 dipendenti pubblici) pensa che la nuova cultura di flessibilità e cooperazione sarà protagonista anche a fine emergenza.

Lo smart working, divenuto obbligatorio dal febbraio 2020, è stato una novità assoluta per oltre 1/3 delle amministrazioni pubbliche italiane. E ha rappresentato una vera e propria rivoluzione. Per l’87,7% dei dipendenti si tratta di un’esperienza completamente nuova, per cui hanno dovuto utilizzare in maggioranza PC, cellulari e connessioni internet personali, spesso condividendo lo spazio in cui lavorano con altri membri della famiglia, e senza ricevere una formazione specifica sul lavoro da remoto. Il 69,5% del personale si è detto in grado di “organizzare e programmare meglio il proprio lavoro”, il 45,7% di “avere più tempo per sé e per la propria famiglia”, il 34,9% di “lavorare in un clima di maggior fiducia e responsabilizzazione”.

Un 20% degli intervistati dichiara che addirittura è migliorato il rapporto con i colleghi (forse perché è stato così limitato?). Chi sta dall’altra parte, cioè noi cittadini che abbiamo bisogno di alcuni servizi, spesso però abbiamo un’ottica diversa, impossibilità nel metterci in contatto con l’ufficio giusto, o comunque grossi rallentamenti, ore e ore in attesa di una risposta (che non sempre arriva). Così, l’idea che dall’altra parte ci sia un dipendente votato, più che al lavoro, a farsi gli affari propri, senza alcun controllo, diventa consistente.

E poi, al di là delle statistiche, è probabile che si amplierà il divario digitale tra quegli enti pubblici adeguati allo smart working e quelli che non lo sono, sia in termini di investimenti sia in termini di risorse umane. E la differenza riguarderà da vicino pure i cittadini, a scapito di coloro che non vanno su Internet e non solo non utilizzano PC e smartphone, ma questi strumenti proprio non ce li hanno. Non perché anziani (invece molto attivi sul web) ma piuttosto in quanto privi di disponibilità economica per comprarsi i dispositivi giusti non esattamente alla portata di tutti.

 

 

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