Vicovaro ha ricordato le vittime della ferocia nazifascista

Venerdì 5 giugno il sindaco Fiorenzo De Simone ha commemorato Amerigo Pecchi, Brigido Perozzi e Giuseppe Proietti Dante, a 76 anni dalla tragica morte

Vicovaro ha ricordato le vittime della ferocia nazifascista che ha inflitto sofferenze e stragi alla popolazione. Venerdì 5 giugno il sindaco Fiorenzo De Simone ha commemorato Amerigo Pecchi, Brigido Perozzi e Giuseppe Proietti Dante, a 76 anni dalla tragica morte per mano nazista.

 

LA STORIA: LA RETATA DEGLI ANTIFASCISTI VICOVARESI

Nel novembre del 1943 a Vicovaro furono catturati una decina di antifascisti accusati di aver distribuito della stampa clandestina e di aver duramente criticato la Repubblica Sociale italiana. Furono atrocemente torturati e seviziati, prima dentro palazzo Cenci-Bolognetti, poi trasferiti a Roma al carcere di Regina Coeli in attesa di giudizio. Tra questi c’era Riccardo Di Giuseppe, uomo di idee libere, che non sopportava soprusi di sorta e restrizioni della sua libertà. Fin da bambino aveva covato nel suo animo un sogno: il desiderio di essere un garibaldino. Dopo l’avvento del fascismo, in seguito ad intrighi e beghe locali, perdette il posto di lavoro. Lo obbligarono a far atto di sottomissione al regime per riottenerlo, ma egli si rifiutò. In seguito Di Giuseppe fu considerato ‘sovversivo’ e perseguitato a tal punto da essere costretto a partire per l’esilio in Francia, dove si unì alla folta schiera di antifascisti che avevano già varcato le Alpi. Alla caduta del fascismo tornò a Vicovaro fino all’8 settembre. Ricominciò, poi, il suo lungo dramma che lo costrinse a vivere nascosto fino al giorno della cattura. La sua sorte, però, era segnata. Dopo il carcere di Regina Coeli fu portato ripetute volte nelle sale di tortura di via Tasso, dove lo ridussero ad una larva d’uomo.

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Volevano che parlasse, che rivelasse i nomi dei suoi complici che complottavano contro il regime di Salò e del nazismo. Ma egli non aveva nulla da rivelare, perché non aveva complici. Fu processato dalla Corte militare tedesca.

Accusato di cospirazione contro il nazifascismo e di attività partigiana. Di Giuseppe fu, così, condannato a morte e fucilato il 22 dicembre del 1943 a Forte Bravetta.

 

L’ECCIDIO DI VILLA SPADA E LA STRAGE DELLE PRATARELLE

Nel giugno del 1944, un piccolo presidio di truppe naziste in ritirata si era sistemato a Vicovaro in cascinale nei pressi di Villa Spada in contrada San Vito.

I soldati avevano bisogno di Rifocillarsi e per procurarsi il cibo non badavano a formalità.

Una sera una pattuglia uscì in cerca di bestiame. Ad un certo punto avvistarono dei cavalli e cercarono di catturarli. Ma nascosti dietro le siepi alcuni pastori esplosero in aria dei colpi di pistola. La pattuglia nazista credendo di essere attaccata dai partigiani corse ad avvertire il comandante. Subito dopo fu ordinato il rastrellamento in zona che portò alla cattura dei tre ignari contadini attenti a lavorare la terra. Brigido Perozzi di anni settantadue, Giuseppe Proietti di anni trentotto e Amerigo Pecchi di anni sedici, furono condotti a forza nel casolare di Villa Spada e immediatamente condannati a morte. Un plotone li spinse ai margini della tenuta e con ripetute scariche di mitra li abbatté. Per qualche giorno dell’eccidio non rimase traccia perché i tedeschi ricoprirono con terra i corpi dei tre martiri.

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A due giorni dall’eccidio di Villa Spada fu inferto, alla già straziata popolazione di Vicovaro, il dolore di piangere altre 25 vittime della ferocia nazista. A poche ore dalla liberazione, la sera de 7 giugno del ‘44, la gente aspettava con ansia i soldati alleati. Invece una guarnigione tedesca di guastatori era rimasta sul territorio, così come le ultime pattuglie di passaggio provenienti da Castel Madama. Verso le 19 dello stesso giorno si consumò nella località di Pratarelle la strage, in cui perirono 25 civili che si erano rifugiati per non incorrere nella rabbia dei tedeschi.

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