Rugby, dalla pozzolana di Tivoli al Sei Nazioni. Drudi: “Sogno la Nazionale maggiore"

Rugby, dalla pozzolana di Tivoli al Sei Nazioni. Drudi: “Sogno la Nazionale maggiore”

Il giovane pilone sinistro della Benetton Treviso è nato a Villanova e ha iniziato con la Tivoli: “Provai con il calcio poi capii che la mia strada era un’altra. Il rugby mi ha insegnato i valori della vita”

di Valerio De Benedetti

Inseguendo un sogno azzurro. Matteo Drudi, 20 anni da compiere a fine settembre, ha le idee chiare in testa da tempo. Fin da quando appena 17enne decise di lasciare Villanova di Guidonia, la città dove è nato e cresciuto. Tutto per quel pallone ovale, che in campo insegue e difende in mischia facendo a sportellate con gli avversari. Si, perché Matteo, a differenza di tanti altri ragazzi, ha scelto il rugby quando era soltanto un dodicenne. Il calcio no, non faceva per lui, nonostante ci avesse provato da bambino. Dal campo di pozzolana di Rocca Bruna, quando indossava la maglia della Tivoli Rugby, passando per il Frascati, l’Accademia nazionale, la Capitolina. Di strada, quel ragazzone con l’aspetto da bruto e il cuore grande, ne ha fatta molta, fino ad arrivare alle selezioni giovanili dell’Italia. Under 17, Under 18, Under 20, i Sei Nazioni e i Mondiali di categoria alle spalle, l’inno nazionale cantato a squarciagola. Da quest’anno la nuova avventura alla Benetton Treviso, una società storica del nostro panorama rugbistico, con l’obiettivo ben stampato in testa: affermarsi e conquistarsi la Nazionale maggiore. Il sogno nel cassetto chissà, quel Mondiale del 2023 in programma, per battagliare sul campo insieme ai suoi idoli sportivi.

Matteo, così giovane ma già in rampa di lancio. Com’è vivere di sport ed essere un atleta professionista?

Devi fare dei sacrifici già da quando sei piccolo per arrivarci. A volte sei costretto a fare delle rinunce durante l’adolescenza, però poi le soddisfazioni arrivano. Avrei voluto fare tante cose che fanno i ragazzi della mia età, però non mi lamento. Sono orgoglioso del percorso che sto portando avanti.

Come è nata la passione per il rugby?

Da bambino giocavo a calcio ed ero considerato il “cicciottello” della squadra, mi mettevano in porta o in difesa e non correvo molto. Non mi piaceva come sport ma ho provato perché c’erano dei miei amici. Dopo poco però ho capito che non faceva per me. Avevo 12 anni quando un pomeriggio, mentre ero da mio padre in ufficio, vidi uno spot sul rugby. Mi si è acceso qualcosa, ho capito che poteva fare per me. Così ho cominciato con la Tivoli Rugby e da lì è cominciata la mia avventura.

L’INTERVISTA COMPLETA IN EDICOLA NELL’EDIZIONE DI TIBURNO DEL 28 LUGLIO 2020

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