Sull’apertura delle scuole la tenuta di un quadro politico

Ad Azzolina l'onere di preservare l'immagine pubblica del sistema-italia nel mondo. Governo e opposizione hanno caricato di aspettative questo evento, convinti di poterla scaricare laddove la scommessa sia persa

di Angelo Nardi

 

Tutti sanno che la scuola sarebbe potuta riaprire in tutta Italia ad ottobre. Come succedeva una volta. Aprire, chiudere, riaprire con tutte le fasi di disinfestazione di intermezzo è pura follia organizzativa. Ma bisognava dimostrare che tutto è a posto. IL treno italia riparte. Che siamo un paese efficiente – sebbene tutti sappiano tutto relativamente ai nostri problemi di tenuta (debito pubblico, produttività, disoccupazione, deindustrializzazione, deficit infrastrutturale, questioni ambientali e speculazioni edilizie) va dimostrato al mondo. Ma soprattutto a noi. Dobbiamo dirci che meglio di altri, con la nostra clausura sociale, abbiamo risposto al contagio. Eppure siamo il quarto paese in termini di numero di morti. Abbiamo sperimentato ufficialmente gli errori di approccio e ora siamo in pole position per arrivare al vaccino. Questo abbiamo bisogno di raccontarcelo. E nonostante si sappia che nella normalità della globalizzazione nessuno si salva da solo ancora temiamo il confronto coi cugini europei con la maledetta sindrome di essere la parte povera della famiglia.

Tutte queste immani contraddizioni si riversano nella scuola e nella sua riapertura oggi.

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Si è chiesta una prova muscolare inusitata per il nostro sistema teso sempre a guardare le garanzie e le compatibilità.

Non è stato sufficiente guardare agli ‘ stop and go ‘ con nuovi fermi accaduti negli altri paesi d’Europa. Si doveva dimostrare che in Italia si riparte e si è fatto. Si è selezionato però proprio il comparto più debole del non-sistema-italia.

Arriveranno ragazzini ammalati nelle classi, si chiuderanno comparti, avremo delle eccellenze di istituti scolastici arretrati che grazie all’emergenza-Covid hanno colmato il ritardo degli standard, ne parleranno in televisione, ci saranno presidi fieri della loro abnegazione ed altri indignati per esser stati lasciati da soli in trincea.

Su tutti verterà il giudizio, non sulla scuola, neanche sul non-sistema-italia, ma sul governo e la sua capacità di imbonire. E’ il presidente del Consiglio in persona a metterci la faccia cercando di essere rassicurante. Ma nonostante si ripeta quanto è fondamentale la scuola in una società, nonostante di motteggi la famosa frase di Victor Hugo per la quale quando si apre il cancello di una scuola si chiude quello di un carcere, si capisce bene che la vera partita sta da un’altra parte. La tenuta del sistema!

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Si dirà allora che è temerario scommettere tutto sul punto più fragile. Ed è invece proprio il vulnus della struttura, nel presentarsi come tale, a fornire le scappatoie migliori qualora l’equazione non sia verificata: efficienza della scuola uguale efficienza del sistema.

Laddove dovessero rilevarsi – malauguratamente – che diverse scuole debbono chiudere e invece il rientro degli alunni improvvido, sarà responsabilità della solita ministra arraffazzonata ed eterna apprendista.

Nessuno guarda con mefistofelica aspettativa a questa soluzione, ma se dovesse realizzarsi, l’errore non sarà solo per il sistema scuola che ha evidenziato delle falle, ma nella capacità di calcolo degli eterni imbonitori di Palazzo Chigi.

Lo scetticismo oramai è solenne. Ma il suo punto di debolezza sta nella speranza di essere smentito.

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