TIVOLI - Cosa Nostra Tiburtina, era una banda: 25 condannati

La Corte d’Appello conferma l’impianto accusatori della Dda e riduce le pene di pochi mesi: tra 26 imputati due non facevano parte del clan Cascalisci e uno di essi è innocente

C’era una banda che controllava le piazze di spaccio di Tivoli e Villanova e che per anni riforniva pusher e consumatori di cocaina, hashish e marijuana. E’ in sintesi l’esito del processo di secondo grado con rito ordinario alla cosiddetta “Cosa Nostra Tiburtina”, la gang che secondo la Direzione Distrettuale Antimafia era capeggiata da Giacomo Cascalisci, il pregiudicato residente a Cesurni morto il 26 agosto 2018 nel Reparto detentivo dell’ospedale Molinette di Torino, ed era strutturata con due luogotenenti e una serie di “gregari” tra pusher, vedette, “rette”, intermediari e picchiatori, tutti arrestati l’8 marzo del 2018 dai carabinieri della Compagnia di Tivoli.

Oggi, mercoledì 3 marzo, la Corte d’Appello di Roma ha condannato 24 imputati per associazione a delinquere e traffico di stupefacenti, uno per piccolo spaccio assolvendone un altro per non aver commesso il fatto. La sentenza emessa dalla Terza Sezione Penale presieduta da Vincenzo Gaetano Capozza non si discosta molto dal verdetto di primo grado emesso il 16 gennaio 2020 nell’aula bunker di Rebibbia e riconosce in larga parte l’impianto accusatorio della Dda, che aveva chiesto 398 anni di carcere.

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Oggi i magistrati hanno ridotto la pena ai “capi piazza”, Cristian D’Andrea, 38enne tiburtino, detto “Bixio”, e a Massimo Piccioni, 27enne di Villanova, condannati in primo grado a 16 anni: il primo si vede ridurre la condanna per associazione a delinquere finalizzata a 15 anni e 4 mesi; il secondo a 14 anni e 4 mesi. Maxi riduzione di pena anche per i membri considerati i tre “colonnelli” del clan usciti dal processo di primo grado con una pena di 13 anni e 4 mesi: per Stefano Romano, 53 anni dell’Albuccione Vecchio, e per Luciano Tieso, 59 anni tiburtino doc, oggi i giudici hanno ridimensionato la condanna a 7 anni e 4 mesi. Per Massimo Morresi, 57enne villalbese trapiantato a Castel Madama, la condanna è stata ridotta a 11 anni.

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Lievi sconti di pena per gli altri appartenenti all’associazione a delinquere. Nel dispositivo di sentenza della Corte d’Appello spicca l’assoluzione per non aver commesso il fatto per Marco Tani, 32enne di Villa Adriana, in primo grado riconosciuto colpevole di associazione e condannato a sei anni e otto mesi. Vale la pena ricordare che Tani, dopo la “retata” dell’8 marzo 2018 era stato l’unico ad essere rimesso in libertà dalla Corte di Cassazione.

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