Roma come Washington

Era prevedibile che da noi si cercasse di imitare l’America anche nel grottesco

Martedì 6 aprile la parte interna di piazza Montecitorio è stata occupata da manifestanti che hanno cercato di forzare il blocco della polizia per entrare in Parlamento. Chiedono di riaprire le attività per poter cominciare a lavorare nuovamente.
Una richiesta rispettabile – dati i termini della crisi accentuata da chiusure a singhiozzo interrotte da parziali concessioni di riapertura che hanno reso la sopportazione allo stato di privazione della libertà di impresa ancora più insopportabile.
M al di là di questa premessa doverosa, il vestirsi da parte di alcuni con i vessilli che ricordano quella manifestazione di intolleranza americana, svilisce il contenuto vero di questa crisi. Moltiplicata per altre città, dimostra però molto di più che il folklore.
Nel Regno Unito si sta uscendo dalla clausura forzata degli esercizi economici durata per quattro mesi. Ma in questo periodo chi ha chiuso è stato sostenuto economicamente, a differenza che da noi dove i sostegni economici hanno funzionato molto parzialmente. Sempre in Italia, però sostenere queste piccole imprese – come è stato ed è giusto fare – è costato e costa molto in termini di debito pubblico arrivato quasi a quota 160% dal Pil (nel 2020 era al 157,5%, nel 2019 era al 134,6%).
Quindi il paese da una parte si indebita per venire incontro a una sua parte rimasta ferma, ma questa condizione penalizzante non toglie la conflittualità, anzi l’accentua.
Questa grande crisi determinata dalla paura del contagio e dalla paralisi della Sanità sollecita a una grande svolta dei sistemi di funzionamento del nostro non-sistema.
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