Noi al posto dell’io

Nella 107esima Giornata Mondiale del Migrante, Bergoglio ha ripreso il tema affrontato nell’enciclica Laudato Sì dove si esorta «tutti gli uomini e le donne del mondo di impiegare bene i doni che il Signore ci ha affidato per conservare e rendere ancora più bella la sua creazione»

Il Papa è tornato sul tema dell’abbattimento dei muri divisori tra culture, mondi, civiltà, economie con diversi gradi di benessere. Il riferimento è chiaramente all’apertura verso le migrazioni che in questi giorni si ripresentano fortemente alla ribalta. Quindi il tema dell’arricchimento con l’altro, o forse dovremmo dire con gli altri, induce al costruire ponti decostruendo il nostro io per direzionarlo vero un noi.

Senza entrare nel merito della questione sulla quale si divide naturalmente una destra e una sinistra in tutto il mondo, l’impostazione di questo tipo non può mancare di un’osservazione sulla debolezza dell’assunto papalino. Ratzinger non sarebbe caduto in un errore di teoresi così elementare.

Sostituire il noi all’io non significa altro che estendere la proporzione dell’ego per pluralizzarla in una sommatoria di identità postulate da questo assunto che rimane il fondamento. L’io appunto. Il noi, così dicendo, rischia di apparire come una semplice variante nominale a carattere erogativo ancora più grande. Alla dimensione della personale soggettività se ne aggiunge un’altra megalitica che ha la pretesa di comprendere quella di tutti gli altri.

Non a caso quelli che dicono “noi” spesso utilizzano semplicemente una formula tesa ad aggirare il fatto che è la propria soggettività a porsi come versione uniformante di una collettività.

E poi non cambia il senso della divisione e forse anche di quel muro che si voleva abbattere. Davanti a un “noi” ci sarà sempre un “voi” che comunque attesta un’estraneità ancora più forte e costitutiva perché riguardante una collettività di persone. Lo stesso vale per un “loro”.

Nei suoi intenti semplificatori il gesuita Bergoglio dovrebbe adottare maggiore attenzione. Semmai farsi consigliare da chi se ne sta in riposo ed ha cercato nel suo breve episcopato di affermare l’immane potenza della lettera presente nel messaggio evangelico. È solo il consiglio di un ego minimale che vuole confrontarsi con chi è molto in alto ponendosi a lui dandogli del tu, cercando condivisione e confronto con gli altri: voi, loro, noi e altri ancora.

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