Crisi in Israele e Palestina

Ora c’è la responsabilità di attuare le doverose azioni diplomatiche  

“Ritorsione” o “risposta”? “Conflitto” o “lotta”? “Sfratto” – il giudizio della corte suprema israeliana – oppure “espulsione”? Il riferimento è verso centinaia di famiglie palestinesi. E poi “pulizia etnica” o addirittura “apartheid” ai danni del popolo palestinese … Il conflitto arriva prima sul lessico che sui fatti che oggi occupano l’attenzione di tutto il mondo sul potenziale innesco di un nuovo conflitto nella situazione israeliana oggi. Le parole sono importanti. “Le parole sono pietre”. Sì come quelle che lanciavano i palestinesi. E quando lo facevano erano estremisti, facinorosi, arrabbiati organizzati?  …

Nel conflitto israeliano palestinese abbiamo superato i proclami, inutili, sulla pace universale per esercitarsi nel prender partito. Solo che la classe parlamentare al completo si è presentata davanti al Tempio ebraico a Roma per dare espressione alla solidarietà -giusta e sacrosanta – ad un paese democratico e organizzato in forma statuale, contro una vera e propria aggressione.

Come per il Covid l’informazione si sente impegnata a fare il conteggio dei morti e dei feriti e in questo modo ritiene di aver assolto alla missione di descrivere uno scenario che presenta ancora molte complessità sfuggendo alla categorizzazione di buoni e cattivi.

E allora la si butta in politica. Con una botta di progressismo si dice: “diritto del popolo palestinese ad avere un libero Stato!” E magari con Gerusalemme come capitale.

Se questa è la rappresentazione, ebbene, gli attori raffigurati in questo quadro dovranno cavarsela da soli. Se conservano un’aspettativa sul sostegno da fuori non ce la faranno mai!

E allora dovremmo spolverare un principio: ‘il diritto dei popoli all’autodeterminazione’. Ma è proprio su questo principio arbitrio che riemerge il conflitto.

( … ).

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