Un saluto caro a Paola Pigni, prima donna!

Il giorno in cui si riuscisse a scrivere un libro di Storia sull’emancipazione della donna dovrebbe dedicare un capitolo a questa fantastica atleta scomparsa oggi a settantacinque anni

Paola Pigni fu primatista nei millecinque. Oggi appare come un’immagine in più nel pantheon dei campioni dello sport. Ma Paola Pigni, sommessamente, rappresentò molto di più. Fu la raffigurazione della tenacia femminile, di come dopo tanti sacrifici a costo della remissione di qualche retaggio di grazia stereotipata, una donna italiana possa arrivare al massimo del podio. Dette fiducia a molte donne che nei campi di atletica in quei primi anni Settanta erano rarissime.

In questo percorso che potrebbe definirsi di cambiamento antropologico di condizionamenti sociali arcani, il suo esempio è stato più forte di quello di tante cosiddette intellettuali impegnate. Eppure Paola Pigni non ha mai rivendicato alcuna diversità. Ella stessa fu campionessa di un modo diverso di intendere il proprio essere al femminile.

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Vinse nel ’69 ai Mondiali nei millecinquecento. Prese il bronzo alle Olimpiadi di Monaco nel ‘72, sempre nei 1.500. Ma fu un’atleta completa. Vinse anche nei quattrocento toccando i 54 minuti e due secondi nel ’66 e i due minuti un secondo 95 centesimi nel ’75 per gli ottocento. Altri risultati eccellenti nei cinquemila e nei diecimila.

Oggi gli impianti sportivi di atletica sono pieni di ragazze che si allenano egregiamente. Non sanno che la loro forza e il loro coraggio derivano anche da Paola Pigni.

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