La logica meglio del governo della paura

Sulla seconda vaccinazione AstraZeneca i cittadini si chiedono: Se non mi ha fatto male la prima volta perché dovrebbe farlo la seconda?

Potremo ricordarlo come concorso democratico alle decisioni in termini di opzioni che invece dovrebbe essere la cosiddetta scienza a indicare. Quando la scienza non ha risposte, tituba, si contraddice – ben diverso dalla fallibilità delle tesi per cui è stato richiamato Karl Popper – interviene l’autodeterminazione del soggetto a cui è diretta la cura.

Ed allora la logica riprende il ruolo da cui la conoscenza esperienziale l’aveva estromessa. Ci si chiede: “Se non una sostanza non ha dato malesseri la prima volta perché dovrebbe darlo la seconda?” E ancora: “Anche se per la seconda dovrebbe trattarsi di una dose più ponderosa, non dovrebbero esserci danni forti”. Ed a rafforzare questa simpatia per AstraZeneca si dà una risposta immunizzante alla variante Gamma al 92%.

Di qui nasce un autentico movimento popolare per cui l’avventura da rimandare al mittente consiste nel cambiare tipologia di vaccino. Anche perché questa ipotesi era quella rifiutata a priori dai più grandi specialisti che pontificavano in tv.

Nasce di qui, l’iniziativa dell’assessore regionale D’Amato che, ascoltati i medici, darebbe la seconda dose di AstraZeneca agli Under60. Tutto è ancora da decidere. E la questione diventa più da giureconsulti che da scienziati. Come si può negare il diritto di un cittadino di accedere al sistema di cura per il quale ha più fiducia? Scatta anche un motivo di Economia. Cosa ne facciamo di tutti questi vaccini AstraZeneca se non possono esser dati agli Under60?

Ma il governo della ‘quistione’ soggiace sul tema dei contraccolpi in sede di controversia: Se dovesse profilarsi nuovamente un decesso a causa di questo vaccino c’è qualcuno che dovrebbe sovraccaricarsi di questa responsabilità? E a chi resta il cerino in mano? Come al solito al medico di famiglia. Povero guru incompreso.

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