Quattro aste di metallo e una rete arancione a delimitarne il perimetro. Questa la soluzione “provvisoria”, adottata dal Comune di Monterotondo, per ognuno dei cinque tombini in ghisa rubati da ignoti tra ottobre e novembre dello scorso anno. Oggi lo scenario non è mutato mentre lo sdegno dei cittadini è andato ad aumentare con il passare del tempo. Il disagio lo vivono residenti e chiunque si trova ad attraversare via Dino Pompili, strada molto transitata da pedoni e automezzi. Basti pensare che nei pressi della via c’è la chiesa di Gesù Operaio, una fermata della linea Cotral, il cantiere per la costruzione del liceo classico Gaio Valerio Catullo e ancora la sede dell’istituto tecnico commerciale e per geometri di via Tirso, che richiama un grande afflusso di giovani. Il passaggio lungo via Dino Pompili per studenti, anziani e madri con bambini, è insomma d’obbligo. Così com’è d’obbligo per i pedoni camminare lungo l’unico marciapiede dissestato, antistante ai tombini a cielo aperto e alle aste di metallo perimetrali, sprovviste persino dei “funghetti” di plastica, ovvero quei tappi che dovrebbero coprirne le estremità sporgenti. Una distrazione di troppo, complice anche l’incuria stradale, potrebbe trasformarsi in qualcosa di più di una banale caduta.
Come spesso accade in queste circostanze, a un problema se ne collega sempre un altro: l’incuria. Cartacce e rifiuti non raccolti sono disseminati lungo le recinzioni, a volte anche sul tratto stradale. Con le piogge degli ultimi mesi, molti di questi sono caduti all’interno dei tombini e ora sono ancora lì, a galleggiare tra le “acque chiare”, sicuramente intasandone il regolare flusso.
I residenti non si rassegnano ma si aspettano soluzioni concrete, rapide e sopratutto serie, anche in vista dell’arrivo del caldo, quando i pericolosi tombini si trasformeranno in oasi a cielo aperto per le zanzare. Saprà la politica, per una volta, prevenire invece che curare? Ai cittadini spetta questo verdetto.
Eugenio Nuzzo