Dermatologia – La psoriasi: come si sviluppa, il perché e le cure

La psoriasi è delle più comuni malattie infiammatorie della pelle che si manifesta  con la comparsa di chiazze rosse di forma e grandezza variabili, spesso ricoperte da squame secche biancastre. In generale ha un andamento cronico-recidivante, è cioè caratterizzata da periodi di remissione di durata variabile alternati a fasi di riacutizzazione. Proprio a causa del suo aspetto “visibile” la psoriasi crea solitamente un forte disagio nelle persone che ne sono affette e la loro vulnerabilità emotiva non può che aggravarsi  a causa dei pregiudizi diffusi e ingiustificati di chi le considera una fonte di contagio.

 

In questo approfondimento la nostra esperta, la dottoressa Giorgiana Feliziani, specialista in Dermatologia e Venerologia presso il Laboratorio Analisi Villanova, ci parlerà di come si sviluppa la psoriasi e quali sono le possibili cure.

 

Dottoressa Feliziani, partiamo dalla casistica generale riscontrabile in Italia.
“L’incidenza della psoriasi nella popolazione italiana è stimata pari al 2,8%, con un eccesso di casi nel sesso maschile. Generalmente compare in soggetti adulti (30-40 anni) ma, seppure raramente, si può manifestare anche nella prima infanzia coinvolgendo soprattutto l’area del pannolino. In questo caso specifico è importante saperla distinguere da un’infezione da Candida, patologia molto più frequente in età infantile”.

 

In quali forme si sviluppa la psoriasi?
“Nel 90% dei casi si parla di psoriasi volgare  che coinvolge tipicamente i gomiti, le ginocchia, il cuoio capelluto e la regione lombosacrale, ma possono essere colpite anche aree meno classiche come le unghie e i genitali. Più raramente  viene compromessa la quasi totalità della superficie cutanea e in tal caso si parla di psoriasi eritrodermica. Le pieghe (ascellari, inguinali, sottomammarie) che di solito vengono risparmiate sono predilette da quella che viene definita psoriasi invertita. Infine nel 30% dei pazienti la psoriasi si manifesta in forma artropatica e   coinvolge anche le articolazioni con conseguente comparsa di dolori e successivamente, se lo stato infiammatorio non viene trattato, di deformità ossee irreversibili che possono compromettere i movimenti in maniera invalidante”.

 

Sulle cause non c’è ancora assoluta chiarezza.
“Proprio così. Esiste senza dubbio una predisposizione ereditaria, che spiegherebbe perché spesso, nello stesso ambito familiare, ne siano colpiti più soggetti. D’altra parte esiste una serie di fattori in grado di scatenare le prime manifestazioni di psoriasi oppure di aggravare una psoriasi già in atto; tra i più importanti è bene ricordare i processi infettivi e tumorali, i traumi fisici, fattori emotivi, il consumo eccessivo di alcool e il fumo, fattori ormonali (si è notato che la psoriasi, non di rado, peggiora o insorge durante la pubertà, nel corso di gravidanza o con la menopausa)”.

 

Parliamo delle cure.
“Proprio perché la psoriasi è una malattia genetica non esistono cure specifiche in grado di garantire una guarigione completa, nonostante molte volte lunghi i periodi di remissione lo possano far pensare. Negli ultimi anni, però, sono state introdotte nuove ed efficaci possibilità in ambito terapeutico. Parliamo sia di  terapie locali tra cui creme, unguenti o lozioni a base di cortisonici, derivati della vitamina A e D e sostanze fortemente idratanti, sia di terapie a base di farmaci sistemici”.

 

Cosa si intende per farmaci sistemici?
“I farmaci sistemici, che possono essere somministrati per via orale oppure iniettiva, includono sia terapie tradizionali come la ciclosporina ed altri immunosoppressori, sia i più recenti farmaci biologici. Questa nuova generazione di molecole offre oggi una grande speranza per le forme più gravi di psoriasi o nei casi in cui le terapie sistemiche tradizionali si dimostrino inefficaci o controindicate”.

 

Da cosa dipende la  scelta tra terapie locali e sistemiche?
“Sia dall’estensione e dalla gravità della psoriasi, ma anche dalle condizioni generali del paziente in quanto i farmaci sistemici sono tutti potenzialmente tossici. In qualsiasi caso è fortemente sconsigliato il tentativo di curarsi autonomamente, utilizzando prodotti prescritti a parenti, amici e conoscenti malati di psoriasi. Ogni paziente, infatti, è diverso dall’altro e non tutte le forme di psoriasi sono uguali”.

L’esposizione al sole, sia al mare che in montagna, è consigliabile?
“E’ solitamente benefica e talora induce remissioni spontanee anche prolungate della patologia, ma bisogna comunque ricordare di esporsi con attenzione e gradatamente proteggendosi sempre con opportuni schermi solari. Tuttavia forme molto infiammatorie di psoriasi, come la forma eritrodermica o la sebo-psoriasi possono peggiorare con l’esposizione al sole”.

I rapporti tra psoriasi e alimentazione sono ancora oggi oggetto di controversie. Secondo lei esiste un nesso, e se si quale, tra dieta alimentare e decorso  della psoriasi?
“A tutt’oggi non esistono evidenze scientifiche che colleghino in modo diretto la psoriasi con l’alimentazione. Ciò vuol dire che non esistono alimenti che direttamente favoriscono o contrastano la comparsa o il peggioramento della psoriasi. Detto questo, è anche vero che, recenti studi, hanno messo in evidenza un una relazione tra BMI (indice di massa corporea) e questa patologia. Negli stati d’obesità, infatti, si verifica un importante incremento degli adipociti, cellule in grado di produrre citochine proinfiammatorie, che svolgono un ruolo fondamentale nella patogenesi della psoriasi. Oggi, è scientificamente dimostrato che i pazienti obesi, oltre ad essere più predisposti allo sviluppo di questa malattia, sono anche più refrattari alle terapie e che il controllo del peso corporeo attraverso una dieta corretta, contribuisce a ridurre le fasi di riacutizzazione. Il consiglio, dunque, è quello di seguire una dieta ricca di frutta, verdura e cibi ricchi di omega 3 e 6, riducendo al minimo il consumo di grassi saturi”.

 

Dottoressa vogliamo ribadire  a gran voce che la psoriasi non è una malattia contagiosa?
“Assolutamente sì. Le lesioni psoriasiche non sono infettive e non devono essere considerate come ferite aperte. Non c’è alcun rischio di contrarre la psoriasi né stringendo la mano o abbracciando una persona che ne affetta, né condividendo gli stessi spazi familiari e lavorativi o nuotando nella stessa piscina”.

Condividi l'articolo:
LEGGI ANCHE  "Nonostante", mostra fotografica e convegno sul Parkinson

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.