La solitudine: una piaga sociale che a Nordest colpisce di più gli anziani

L’autorevole parere sul problema della solitudine viene dalla dottoressa Loredana Angeletti, 44enne psicologa-psicoterapeuta, specializzata in Psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Angeletti dallo studio di Marcellina si occupa in particolare anche di disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi alimentari e di rapporti interpersonali con particolare riferimento ai rapporti di coppia.
Il fenomeno della solitudine nella società moderna, nel contesto attuale di crisi globale.
«Nella società moderna il fenomeno della solitudine è piuttosto diffuso e questo è correlato a diversi fattori. Fin da piccoli i bambini sono vittime del progresso tecnologico: si gioca con la Nintendo, con il Personal computer e poco con gli altri. D’altro canto i genitori sono più tranquilli perché non hanno da gestire le ansie dovute alle richieste dei figli di scendere da soli in cortile. Oggi c’è tanta preoccupazione e anche poco tempo per coltivare amicizie. Anche in età più adulta si paga il prezzo della tecnologia: le persone tendono a conoscersi on line, il corso di interesse può esser fatto a distanza e di conseguenza si esce di meno.
Nello stesso tempo ci sono dei pregiudizi sulle cose che non si possono fare da soli, tipo andare al cinema, al ristorante. Per non parlare poi della crisi economica. Una persona mentalmente più evoluta e serena, che potrebbe vivere bene nel suo star da sola, può essere condizionata da una scarsa disponibilità economica: “andrei anche da solo, ma non ho soldi”.
Gli anziani sono i soggetti più esposti a tale problema sociale, perché?
«Gli anziani sono i soggetti più esposti al problema della solitudine perché vivono costantemente la perdita delle loro risorse sia cognitive, affettive ed anche economiche. Il pensiero della morte li affligge, la perdita delle persone care, la perdita di una progettualità. La cronicità dei sintomi incide fortemente sull’umore e tendono a chiudersi sempre di più se non stimolati da qualcuno.
Mi viene in mente una bellissima canzone di Renato Zero dal titolo: “Nei giardini che nessuno sa”, dove si respira l’inutilità, dove c’è disagio e grande pulizia è follia, dove c’è chi dimentica distrattamente un fiore, una domenica e poi silenzi”. Ecco, il problema della solitudine degli anziani può essere rappresentato proprio con questa canzone.
In una società dove purtroppo apparire è più importante che essere, dove i messaggi pubblicitari indirizzano verso un modello estetico di gioventù, l’anziano perde il fascino della saggezza di un tempo e ne viene considerato soltanto il suo processo involutivo».
Dottoressa, come intervenire a livello di supporto psicologico e se le istituzioni possono fare qualcosa per diminuire tale piaga sociale.
«Le istituzioni in teoria potrebbero fare tante cose, ma in pratica non è possibile. la frase “purtroppo non ci sono i fondi”, ormai la sentiamo sempre più frequentemente e gli anziani sono i primi ad essere trascurati. La vecchiaia viene considerata un età in cui ormai tutti i giochi possibili sono stati fatti. Persino il ricovero in ospedale può essere un problema se il soggetto ha novantanni, meglio la Casa di cura ovviamente a pagamento. A dire il vero gli anziani avrebbero la necessità di essere sostenuti anche dal punto di vista psicologico per affrontare meglio una fase così delicata della loro vita nel tentativo di dare alla stessa un ulteriore senso e significato. Dal momento che questo però non è possibile attraverso le strutture, mi sento di aggiungere per chi è ancora giovane, di investire su se stesso anche per la fase successiva. Ci sono delle strategie che si possono apprendere e degli atteggiamenti che si possono assumere per mantenere il cervello giovane».

 

di Gino Ferretta

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