Lo sapevate che le Acque Albule erano rinomate già in epoca romana

Già il nome è di derivazione romana. Albule, infatti, deriva dall’aggettivo latino albus che significa  bianco, cristallino, caratteristica organolettica che si aggiunge alle altre rinomate proprietà delle acque tiburtine, la cui composizione carbonica-sulfurea, con una temperatura costantemente superiore ai 20 gradi, è indicata in trattamenti terapeutici antinfiammatori, antibatterici e per la cura di patologie dermatologiche, urinarie e dell’apparato respiratorio.

Tali benefici medicamentosi delle acque albule non erano affatto sconosciuti ai romani, specie a coloro che  frequentavano i numerosi stabilimenti termali edificati a Roma e in alcune delle città assoggettate all’impero.

Non mancano le testimonianze storiche di tale apprezzamento. Plinio Il Vecchio, nella sua Naturalis Historia (al XXXI libro) ha scritto che i soldati romani venivano portati alle acque albule per rigenerarsi dei traumi fisici subiti in battaglia. Archigene di Apanamea, medico di origine greca, operante a Roma durante il regno dell’imperatore Traiano (98-117 d.c) ne esaltò le qualità terapeutiche per la cura delle piaghe dell’epidermide e delle ulcere.

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L’imperatore Cesare Augusto utilizzava le acque tiburtine per la cura della gotta. Affinchè anche altri potessero giovare dei trattamenti benefici, il sovrano fece costruire dal suo architetto Marco Vipsanio Agrippa un edificio termale nei pressi della sorgente, del quale, oggi, non rimane che qualche rudere.

Nerone volle convogliare le acque albule, attraverso l’acquedotto Marcio, nella Domus Aurea, la rinomata residenza imperiale edificata sul colle Oppio. Svetonio, scrittore romano e biografo di alcune delle personalità più rinomate di epoca romana, ci fornisce una descrizione della dimora di Nerone in un passo del De Vita Caesarum: “ Ogni cosa era ricoperta d’oro e decorata con gemme e conchiglie. Il soffitto dei saloni per i banchetti era fatto da tasselli d’avorio mobili e forati, in modo da poter gettare qua e là sui convitati fiori e profumi. Nelle terme scorrevano acque marine e di Albula.”

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Non poteva non gradire i benefici delle acque sulfuree tiburtine l’imperatore Adriano che ne canalizzò una parte per alimentare le piscine della vicina Villa che porta il suo nome, distante pochi chilometri.

Le acque albule, infine, vengono citate da Virgilio nell’Eneide. In un passo dell’opera, il poeta racconta che laddove sgorgano le acque sulfuree di Tivoli era situato uno degli oracoli di Fauno, figura mitologica romana, protettrice dei boschi, delle campagne e degli animali.

 

 Alessandro Bianchi

 

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