Monterotondo – Sisio ha smesso di lottare, sopraffatto dalla malattia

Rimangono gli affetti e le passioni di un uomo di destra che aveva sempre la battuta pronta

Di Annamaria Iantaffi

Lunedì 11 maggio al Duomo di Monterotondo si sono celebrati alle 15 funerali di Massimo Ronca, per l’anagrafe della strada Sisio, che si è spento sabato 9 maggio all’ospedale S. Andrea di Roma, probabilmente a causa delle complicanze del diabete che dal 2006 lo affliggeva, aggravate da anemia, insufficienza renale e un’infezione al catetere della dialisi. L’ultimo compleanno, che ha segnato i 48 anni, Sisio l’ha trascorso in ospedale il 31 dicembre, quando la moglie, Emanuela Simonetti, sprovvista di patente, ha preferito rimanere a casa e mandare i figli e la suocera in auto con un amico per consentire loro di festeggiare con lui. L’ultima passeggiata sotto braccio a suo marito Emanuela l’ha fatta il 7 maggio in via Cavour: la mattina successiva lo ha accompagnato al pulmino che lo portava a fare la dialisi all’ospedale S. Andrea di Roma, salutandolo per l’ultima volta.

Emanuela dice: “Nonostante io sia più di destra che di sinistra, devo riconoscere che l’amministrazione locale ha fatto tanto per me e la ringrazio. Prima i pacchi famiglia, poi i buoni spesa. Dopo la morte di Massimo, il Sindaco di persona mi ha assicurato che mi avrebbe dato una mano e l’Assessore Alessandro Di Nicola, amico da sempre di mio marito, si è commosso tantissimo alla notizia della sua morte. Vorrei dire grazie anche a tutti gli amici, primo fra tutti Giulio Albanese, per la solidarietà, le telefonate e i messaggi che mi hanno inviato, e ovviamente anche a mia madre Elvira, mia sorella Domenica e tutti i parenti che mi hanno sostenuto”.

Sisio da bimbo ha abitato prima in via Mameli, poi a Santa Maria, al primo piano del palazzo che è di fronte a Ventricini, il laboratorio in cui, oggi come allora, si riparano e si vendono mezzi a due ruote, ma frequentava la comitiva del centro storico, che si riuniva spesso in quella che tutti conoscono come Piazza dei Leoni. Era figlio unico e ha lasciato sua madre Rosa il giorno prima dalla festa in cui più di tutti gli altri lei avrebbe voluto averlo vicino. In questa stessa casa si era trasferito di nuovo da via Fabio Filzi con la sua famiglia due anni fa, alla morte del padre.

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Classe 1971, intorno ai venti anni Sisio frequentava il bar La Fonte e lì aveva iniziato ad uscire anche con Lucio Falcone, che di lui dice: “Era una brava persona, sempre pronto ad aiutare gli altri, poi era un amicone: mi ricordo che la sera in cui è nato suo figlio Daniele, nel 1998, eravamo in tanti, una ventina circa, e qualcuno ha detto ‘rifacciamo il matrimonio’, alludendo al matrimonio di Massimo ed Emanuela, allora siamo andati tutti a mangiare in un ristorante a Castelnuovo di Porto. Al termine della cena, invece di pagare abbiamo ‘fatto vento’, poi siamo tornati a Monterotondo; con i soldi non spesi abbiamo comprato qualcosa da bere che abbiamo consumato nel giardino sotto al Comune. Era uno juventino sfegatato e vestiva spesso la maglietta della sua squadra con la scritta Ronca 71. Speva come prendere le persone, e soprattutto usava uno sfottò diverso per i tifosi delle singole squadre; a me diceva: ‘Tanto dove andate voi della Roma? Anche quest’anno partite alla grande e poi siamo sempre noi che vinciamo’”. Anche Emanuele Cocci ha conosciuto Massimo quando questo lavorava al bar La Fonte come barman, prima che facesse il magazziniere, il letturista dei contatori del gas a Roma e che ottenesse la pensione di invalidità, dopo una operazione alla schiena.

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Lui era appassionato della Juventus come me e Gianni”, racconta Emanuele “e questa passione ci ha portati in giro in auto in tutta Italia, nel 2010 abbiamo fatto l’abbonamento all’Olimpico a Torino, poi siamo stati a Madrid nel 2008, quando durante la Coppa dei Campioni Del Piero ha fatto due gol. Era anche un appassionato di supermotard, aveva un’Honda e seguiva Valentino Rossi”.

Oltre alla moglie, Massimo Ronca lascia due gemelle di 18 anni, Sofia e Rachele, e il figlio maggiore, Daniele, di 21 anni, che nella bara hanno messo la sua maglietta della Juve e una lettera ciascuno di addio.

 

 

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